In realtà sarebbero più i motivi per bere un caffè in meno che un caffè in più, soprattutto per le persone che soffrono di ipertensione, madovendo scegliere per un titolo che facesse riferimento al contenuto dell’articolo ho optato per questo.

Un recente studio, condotto dal dottor Roach e dai suoi collaboratori, ha messo in evidenza come, il consumo abituale di caffè, determini una riduzione del rischio di trombosi venosa.

Lo studio caso-controllo ha incluso un totale di 3.606 pazienti, 1.803 pazienti con precedente episodio di trombosi venosa e 1803 pazienti come controllo. Per ciascun gruppo è stato calcolato l’odds ratio e i livelli medi dei fattori emocoagulativi. Dall’analisi è emerso che, chi faceva uso abituale di caffè, aveva un rischio di manifestare trombosi venosa inferiore del 30% rispetto ai non consumatori (OR 0,7, 0,5-0,9). Inoltre i livelli del fattore di von Willebrand e del fattore VIII sono risultati più bassi nel gruppo dei consumatori rispetto ai non consumatori mentre non è stata dimostrata alcuna associazione tra il consumo di caffè e i livelli delle altre proteine del sangue (fibrinogeno, marker di fibrinolisi, proteine anticoagulanti).

L’analisi corretta per i fattori confondenti (età, sesso, BMI, alcool, abitudini tabagiche, malattie croniche, tumori maligni, uso di statine e acido acetilsalicilico) ha evidenziato un OR di 0,8 (0,6-1,1).

I meccanismi fisiopatologici dietro a questi risulati non sono ancora chiari, ma sembrerebbe che la riduzione del rischio trombotico dovuta all’assunzione del caffè sia mediata dal fattore di von Willebrand e dal fattore VIII.

Quindi oltre ai ben noti effetti stimolanti, antidolorifici, antiasmatici, diuretici, ipertensivi, si aggiunge un altro ulteriore effetto del caffè sull’attività emoacoagulativa del sangue.

Fonti:

J Thromb Haemost. 2012 Oct 20. doi: 10.1111/jth.12034

Show CommentsClose Comments

Leave a comment