Ormai tutti sanno che, per una vita di sano benessere, fondamentali sono dieta adeguata e costante attività sportiva al fine di evitare di incombere nei fattori di rischio responsabili di malattie cardiache e non solo.
Tuttavia, se la sedentarietà è una dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose patologie, anche un estenuante attività fisica può determinare danni gravi e irreversibili al nostro organismo, soprattutto a carico del cuore.
Un recente studio coordinato dal dott. La Gerche dell’Università di Melbourne in Australia, condotto su 40 maratoneti, ha messo in evidenza i danni a carico del cuore che possono derivare dagli sport di resistenza. I ricercatori hanno riscontrato danni soprattutto a carico del ventricolo destro espressi da una riduzione della frazione d’eiezione subito dopo l’attività agonistica. La maggior parte degli atleti recuperava appieno la funzionalità ventricolare dopo pochi giorni, tuttavia in una minoranza di essi, il danno persisteva a causa di una fibrosi miocardica evidenziata dalla risonanza magnetica con gadolinio.
Il ventricolo sinistro non ha evidenziato anomalie o danni a dimostrazione che, rispetto al ventricolo destro, è in grado di reggere un lavoro più intenso e duraturo.
Probabilmente, la fibrosi cardiaca e il rimodellamento cardiaco, possono evolvere in cardiomiopatia aritmogena del vetricolo destro e, alterando la normale conduzione cardiaca, possono determinare aritmie e morte improvvisa.
Un altro gruppo di studio denominato RACER ( Race Associated Cardiac Arrest Event Registry ) condotto negli Stati Uniti tra il 2000 e il 2010 su 11 milioni di maratoneti e mezzi maratoneti, ha evidenziato che solo 59 atleti hanno avuto un arresto cardiaco ( tasso d’incidenza dello 0,59 su 100.000). Ciò sta ad indicare che il rischio complessivo di arresto cardiaco nei maratoneti è basso.
Il dato più significativo emerso dallo studio è rappresentato dall’incidenza maggiore di arresti cardiaci negli uomini rispetto alle donne e nei maratoneti rispetto ai mezzi maratoneti. I fattori responsabili di arresto cardiaco sono stati riconosciuti nella cardiopatia ipertrofica (soprattutto negli atleti più giovani) e nella rottura di placche aterosclerotiche a livello delle coronarie (specialmente negli sportivi più anziani). Di questi 59 atleti in arresto cardiaco 42 sono morti mentre, i restanti, sono stati sottoposti efficacemente a rianimazione cardiopolmonare che ha messo in evidenza le maggiori probabilità di successo di rianimazione nei pazienti anziani rispetto ai giovani con cardiopatia ipertrofica.
I limiti dello studio sono rappresentati dalla mancanza di dati clinici certi sulle cause di arresto cardiaco in questi atleti e sugli effetti dell’esercizio fisico a carico del cuore.
Per approfondire:
http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/early/2011/12/05/eurheartj.ehr397.abstract
http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/early/2011/12/05/eurheartj.ehr436.extract
http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1106468