Il numero dei soggetti di sesso femminile eccede quello dei soggetti di sesso maschile sul Nostro Pianeta.


Esistono, per questa differenza di genere, ragioni di ordine  evoluzionistico-biologiche, genetico e medico-epidemiologiche.

Gli animali di genere femminile possono procreare con più maschi garantendo una maggiore variabilità genetica..
Si tratta di un retaggio della strategia adattativa dei mammiferi (per la precisione strategia detta “R”): tasso riproduttivo inferiore rispetto alle specie “K strateghe” (tipicamente gli insetti) ma cure parentali più lunghe.
L’energia  investita dall’individuo di sesso femminile nella cura parentale è assai maggiore di quella profusa dal maschio; ciò si traduce in un maggior valore, in senso assoluto, del genere femminile rispetto a quello maschile, nelle R strateghe, in termini di prosecuzione della specie.
La donna è spinta evoluzionistacmente ad una più duratura longevità in maniera tale da potersi occupare della prole; è stato infatti comprovato che la qualità della vita di una prole privata del supporto materno è di gran lunga peggiore di quella di una prole privata delle attenzioni paterne.

Per i soggetti maschi non esistono alleli dominanti o recessivi, essendo essi emizigoti, ossia possedendo un solo gene, per quei dati caratteri. Inoltre l’unico cromosoma X del corredo maschile è di origine materna.

Gli spermatozoi che arrecano il cromosma X sembrano, per ragioni ad oggi ignote, più vitali di quelli che portano il cromosoma y, determnando in conseguenza di questo una maggiorata possibilità che il nascituro sia di sesso femminile (pensionando la vecchia teoria della parità della probabilità sul sesso del nascituro); inoltre è attestato che le mortalità fetale, peri-natale ed infantile siano, al livello mondiale, più alte per il maschio che per la donna.

Nelle cellule femminili sarebbe inoltre stato riscontrata una preponderanza dei telomeri, noti per garantire una corretta riproduzione cellulare.

La presenza dell’ormone estrogeno ha un’azione  protettiva nei confronti del miocardio; gli estrogeni aumentano i livelli di HDL (in particolare le HDL2) e ne ritardano il catabolismo,  diminuendo quindi i livelli di LDL , al contrario di quanto fanno invece gli androgeni.  Gli estrogeni aumentano inoltre i recettori per le LDL e la loro attività; gli estrogeni potrebbero anche aumentare la sintesi di Apo-A-1.

I rischi cardiovascolari sono responsabili per una mortalità 5 volte maggiore ed una morbilità 3 volte più alta nell’uomo rispetto alla donna.

La portata cardiaca infatti si accresce di circa il 20% durante la seconda metà del ciclo mestruale e durante la gravidanza; questo stress fisiologico continuo potrebbe spiegare la minore incidenza di patologie cardiovascolari prima della menopausa e la parificazione dei sessi che si verifica dopo la menopausa stessa.La menopausa è interpretata, tra l’altro, come una fisiologica protezione contro il rischio di aborti e malformazioni fetali ad età avanzata, rimarcando quindi piuttosto il ruolo qualitativo di cura della prolepiuttosto che quello quantitativo di aumentare il numero dei componenti della prole stessa.

Inoltre col mestruo la donna ha una perdita di ferro, riducendo la possibilità che gli ioni ferrosi producano radicali, gli ossidanti naturali.

Le donne ha anche un più lento metabolismo basale che è notoriamente  inversamente correlato alla durata della vita media.

Inoltre nella donna l’azione del GH, l’ormone della crescita, risulterebbe minore che nell’uomo dimostrando una minorata azione svolta quindi dall’IGF1 (l’Insuline Grow Factor 1).

Dal punto di vista sociale è bene notare come sia stato comprovato che: le donne si affaticano meno e curano meglio.

Le donne non prestano servizio militare e generalmente non svolgono i lavori più pericolosi (riservati all’uomo); l’uomo mostra anche una maggiorata tendenza alla spericolatezza.

Nelle scelte riguardanti la salute le donne tendono a fumare e bevre alcolici meno degli uomini e sono sottoposte a uno screening medico mediamente più accurato (questo sembra dovuto a una maggior propensione a rivolgersi al medico anche in presenza di piccoli disturbi, nonchè a screening a livello nazionale rivolti specificatamente nei confronti di alcune patologie femminili gravi come il tumore del seno e il tumore del collo dell’utero, la cui mortalità è quindi in costante calo).
L’uomo tende più facilmente a soffrire di enfisemi da fumatore e cirrosi epatica da alcolismo.

 

Le donne vivono più a lungo dell’uomo perché sono più robuste ad ogni età e non quindi solamente perché invecchiano più lentamente (!).

C’è però da ribadire come le donne tendano ad ammalarsi più di frequente rispetto all’uomo, tuttavia le malattie di cui soffrono (parassitarie, respiratorie,  intestinali, osteoporotiche ed autoimmuni in massima parte) risultano meno frequentemente letali; gli uomini invece sono più frequentemente soggetti a patolgie acute e dunque di maggiore gravità.

 

Riferimenti bibliografici:

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