Forse non tutti sanno che gran parte dei cordoni ombelicali o meglio il sangue cordonale donato durante il parto e destinato alle banche pubbliche, è, in realtà, scartato, buttato via, non conservato. Questo pone dei motivi di riflessione. Il primo è il costo sostenuto da un ospedale che, con le proprie risorse, acquista le sacche e attiva un servizio di trasporto, in genere associato a quello dell’ematologia, verso la banca pubblica di conservazione , che in molte regioni è la struttura pubblica del capoluogo di provincia. Bisogna anche considerare l’enorme “sacrificio” di cellule staminali che potrebbero avere altro impiego. Ma qui siamo in Italia e il buon senso non sempre va di pari passo con l’intelligenza di chi opera nei vari settori. Vero è che ci sono dei protocolli di selezione per accettare e conservare il sangue cordonale, ma il motivo per cui la maggior parte viene scartata è che quel tipo di sangue non possiede per così dire un numero di cellule adeguato o  antigeni “rari” tanto da poterne giustificare la conservazione per un futuro trapianto. Recentemente si è tenuto un convegno “PUBBLICO E PRIVATO nelle Terapie Innovative e nel BIOBANKING: Evidenze scientifiche e sostenibilità”, svoltosi alla LUISS Business School Guido Carli, dove sono stati presentati i risultati di uno studio che evidenzia come si possono abbassare le barriere di selezione dei campioni di sangue cordonale da conservare se applicate oggi nelle strutture pubbliche per aumentare la raccolta.

 

In sintesi si sono individuati nuovi parametri da utilizzare nella valutazione dei campioni di sangue cordonale, basati sul numero di TNC (cellule nucleate totali), i quali mostrano subito la qualità cellulare e quindi il loro potenziale, evitando scarti o conservazioni inutili. Lo Studio è stato promosso dalla Fondazione InScientiaFides in collaborazione con l’Università La Sapienza e l’Università Luiss di Roma, ponendo in evidenza che a oggi le unità di sangue cordonali raccolte, tra strutture pubbliche e private, si ferma al 5% delle disponibilità, il resto, il 95%, viene gettato. A causare questa situazione sono la scarsa sensibilizzazione culturale sul tema, l’assenza di informazione, la mancanza di una rete capillare di raccolta e la rigidità dei protocolli selezione basate sul numero di cellule nucleate totali (TNC). Si è dimostrato come utilizzare un determinato parametro cellulare per valutare quali campioni contengano elevate quantità delle già note cellule staminali (CD34+).

 

Si dimostra, su base oggettiva, che è possibile ottenere ottimi campioni anche al di sotto dei limiti imposti dalle strutture pubbliche e che i limiti possono essere abbassati senza compromettere la qualità delle unità conservate. E’ stata inoltre proposta un’ipotesi di modello di collaborazione pubblico/privato tra biobanche in cui il sangue cordonale, secondo le sue caratteristiche possa essere destinato: alla donazione e inserito nei registri internazionali, oppure possa essere destinato alla conservazione privata, autologa o autologa famigliare. Vero è che questa commistione pubblico-privato potrebbe far insorgere critiche da parte di molti considerato l’interesse anche economico del privato in questo settore che in questo modo sancirebbe un suo ruolo attivo nella gestione del sangue cordonale all’interno del sistema sanitario nazionale. Ma non è certo nostro proposito valutare se sia il caso di una gestione pubblica o privata.  Il convegno deve essere motivo di riflessione su un argomento troppo spesso ignorato  o meglio lasciato al suo destino per il solito motivo della mancanza di fondi. Credo che gli ultimi avvenimenti cui abbiamo assistito relativamente alle cure “compassionevoli” di bambini affetti da patologie rare, possano indurci a pensare che gli sforzi fatti finora nel salvaguardare una politica sanitaria mirata alle staminali sia stata inefficiente. Tuttavia a livello mondiale la ricerca sulle staminali è sempre più incalzante. Mi permetto di citare alcuni articoli per dare un’idea anche dell’aspetto clinico associato alla ricerca:

 

 

Human haemato-endothelial precursors: cord blood CD34+ cells produce haemogenic endothelium.Pelosi E, Castelli G, Martin-Padura I, Bordoni V, Santoro S, Conigliaro A, Cerio AM, De Santis Puzzonia M, Marighetti P, Biffoni M, Alonzi T, Amicone L, Alcalay M, Bertolini F, Testa U, Tripodi M.                                                                                                               Department of Haematology, Oncology and Molecular Medicine, Istituto Superiore di Sanità, Rome, Italy                                              E’ uno studio italiano sulla possibilità di produrre in laboratorio endotelio da cellule del cordone ombelicale.

NK cell-based immunotherapy for malignant diseases                                                                                                           Min Cheng,  Yongyan Chen,  Weihua Xiao,  Rui Sun &  Zhigang Tian                                                                                 Cellular and Molecular Immunology doi:10.1038/cmi.2013.10                                                                                                     Si valutano le possibilità dell’immunoterapia mediata dai linfociti NK derivati da varie fonti, tra cui il cordone ombelicale, nel cancro.

 

Salvage allogeneic hematopoietic SCT for primary graft failure in children

M Kato,  K Matsumoto,  R Suzuki,  H Yabe,  M Inoue,  + et al.

Bone Marrow Transplantation doi:10.1038/bmt.2013.36

L’articolo evidenzia come alcune forme di trapianto, tra cui le cellule da cordone ombelicale, siano una importante opzione per il rigetto dei pazienti pediatrici trapiantati.

 

Viste le notevoli opportunità offerte alla ricerca e alla clinica da queste cellule, qualsiasi impegno a favore di tale consapevolezza e necessità, non è mai vano. Le cellule del cordone ombelicale sono un regalo della natura, non bisogna mai dimenticarlo!

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