Consenso informato – Definizione e riferimenti normativi

Il consenso informato è il presupposto per la legittimità dell’attività medica.

Infatti, vige il principio per il quale nessuno può essere sottoposto a trattamenti medici contro la sua volontà (art. 32 della Costituzione).

L’intervento eseguito senza consenso, quindi, non è legittimo.

Questa regola, di rango costituzionale, è poi confermata a livello internazionale dalla Convenzione di Oviedo del 1997 che è stata ratificata dall’Italia con la Legge n. 145 del 28 marzo 2001 che stabilisce alcuni principi.

Quanto alla forma del consenso informato, la legge non richiede che esso sia manifestato necessariamente in forma scritta. Va da se, tuttavia, che un assenso scritto agevola la struttura sanitaria nel momento in cui viene in discussione l’esistenza del consenso medesimo e occorre fornire la prova che il paziente si sia sottoposto volontariamente al trattamento.

La prassi è pertanto quella di richiedere la sottoscrizione di un modulo prestampato che contiene le avvertenze principali riguardo al trattamento.

Se il trattamento non è eseguito correttamente si apre la possibilità di richiedere il risarcimento del danno secondo le regole proprie del danno causato da errore medico;  Se invece il trattamento è eseguito correttamente il verificarsi di una complicanza non comporta per il medico e per la struttura una responsabilità per danni.

CASO DI MINORI ED URGENZA

Nel caso in cui il soggetto interessato non sia nelle condizioni di esprimere validamente il consenso allora questo deve essere richiesto al soggetto che il paziente ha delegato. Nel caso di minorenni il consenso va espresso dal soggetto che esercita la responsabilità dei genitori.

In caso di urgenza (cioè nelle situazioni in cui si è in presenza di un soggetto che non è in grado di formulare l’assenso e che è in pericolo imminente per la sua salute) il medico è tenuto ad intervenire e la sua attività è pienamente legittima, giacché sia il codice civile, sia il codice penale garantiscono i sanitari che intervengono in caso di necessità e urgenza, cioè per salvare una persona da un rischio grave e imminente per la sua salute.

Consenso informato – requisiti

  • Personale (art. 54 cp); non può essere delegato a nessuno altro parente, a meno che non sia persona interdetta e allora il consenso lo deve dare  il tutore; es. anche il pz anziano, se non interdetto, è lui stesso che deve fornire il consenso;  se il soggetto minore il consenso lo danno entrambi genitori.
    Casi particolari:
    – Il minore emancipato:  è il maggiore di 16 aa e che ha ottenuto la emancipazione ai fini di contrarre matrimonio ed è equiparato a persona adulta, deve essere lui a fornire consenso
    – L’inabilitato: è un anziano che non  stato interdetto , ma è sotto curatela: non può compiere atti che eccedano la ordinaria amministrazione (NO acquisire o alienare beni o spendere i suoi denari), viene quindi nominato un curatore del proprio patrimonio; questo soggetto acconsente da sé quindi è ritenuto in grado di comprendere liberamente l’utilità di atti curativi!
  • Libero (1229 c.c.); non estorto con inganno o forza
  • Attuale: cioè dato quando la prestazione viene fornita; un consenso preliminarmente ottenuto può essere poi ritirato liberamente dal pz.
  • Deve concernere un bene disponibile (art. 5 c.c.: divieto di atti dispositivi del proprio corpo che arrechino un danno funzionale permanente;  quando si sacrifica la propria integrità il fatto deve essere bilanciato da un beneficio adeguato che si ottiene)
  • Preferibilmente scritto (capo IV, art. 30-35 Codice di Deontologia Medica), ma il Codice Penale non lo specifica! ‘verba volant scripta manent’
  • Manifesto (2729 c.c.): cioè esplicito e chiaro
  • Informato: portata dell’informazione bilanciata alla capacità di comprensione del paziente; bisogna far si che quindi il pz. comprenda il dato che gli si sta fornendo e interagire sulla scelta finale, più il livello culturale e basso  più questo passaggio può essere difficile.
  • Completo ed effettivo:  E’ quanto afferma la Corte di Cassazione (terza sezione civile, sentenza n. 19731 del 19 Settembre 2014) sottolineando che l’informazione non è soltanto un dovere correlato alla buona fede richiesta nella formazione del contratto tra medico e paziente,ma è un vero e proprio elemento imprescindibile per la validità del consenso.

Consenso informato –  Implicazioni medico-legali

Occorre però chiedersi se l’intervento non supportato da consenso dell’interessato possa comportare delle conseguenze penali per il medico, ovverosia il rischio di subire un processo penale e conseguentemente una condanna.

Dopo un lungo dibattito la questione sembra essere oggi impostata nel senso di escludere una responsabilità penale del medico che sottopone il paziente ad un trattamento diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso se l’intervento è stato eseguito rispettando le tecniche mediche e i protocolli sanitari e tutte le volte che la terapia ha avuto un esito positivo, causando una apprezzabile miglioramento delle condizioni del paziente.

Ovviamente nel caso in cui l’intervento non sia stato eseguito correttamente emerge la responsabilità civile e penale del medico secondo le regole generali.

 

Consenso informato –  Raccolta Sentenze di Cassazione

Sentenza n. 19213/15

Se nel corso di un trattamento terapeutico o di un intervento venga a palesarsi una situazione la cui evoluzione può comportare rischi per la salute del paziente, il medico che abbia a disposizione metodi idonei ad evitare che la situazione pericolosa si determini non può non impiegarli, essendo suo dovere professionale applicare soluzioni che salvaguardino la salute del paziente anziché metodi che possano anche solo esporla a rischio, sicché ove opti per un trattamento terapeutico o per un metodo d’intervento più rischioso, e la situazione pericolosa si determini, non riuscendo a superarla senza danno, la sua colpa si radica già nella scelta iniziale.  L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente. Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana:art. 32, 2° co, Cost. ). L’autonoma rilevanza della condotta di adempimento della dovuta prestazione medica ne impone pertanto l’autonoma valutazione rispetto alla vicenda dell’acquisizione del consenso informato, dovendo al riguardo invero accertarsi se le conseguenze dannose successivamente verificatesi siano, sotto il profilo del più probabile che non, da considerarsi ad essa causalmente astrette. Con l’ulteriore avvertenza che, trattandosi di condotta attiva, e non già passiva, non vi è nella specie luogo a giudizio contro fattuale. In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente, l’obbligo del consenso informato costituendo legittimazione e fondamento del trattamento sanitario. A tale stregua, l’informazione deve in particolare attenere al possibile verificarsi, in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso, dei rischi di un esito negativo dell’intervento e di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente , ma anche di un possibile esito di mera “inalterazione” delle medesime (e cioè del mancato miglioramento costituente oggetto della prestazione cui il medico- specialista è tenuto, e che il paziente può legittimamente attendersi quale normale esito della diligente esecuzione della convenuta prestazione professionale), e pertanto della relativa sostanziale inutilità, con tutte le conseguenze di carattere fisico e psicologico (spese, sofferenze patite, conseguenze psicologiche dovute alla persistenza della patologia e alla prospettiva di subire una nuova operazione, ecc.) che ne derivano per il paziente. Il medico ha dunque il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili. Il consenso libero e informato, che è volto a garantire la libertà dell’individuo e costituisce un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, salvo che ricorra uno stato di necessità non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione, anch’essa esplicita. Va al riguardo ulteriormente posto in rilievo come il medico venga in effetti meno all’obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette del tutto di riferirgli della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando acquisisca con modalità improprie il consenso dal paziente).

Sentenza n. 19212/15

L’obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario senza il quale l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando nell’interesse del paziente. Non può quindi essere considerato valido consenso informato quello se del caso prestato oralmente e sotto narcosi, non potendo esso invero configurare nemmeno un consenso presunto al riguardo. Il medico ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili. L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di relativa mancata prestazione da parte del paziente. Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Il consenso informato non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione anch’essa esplicita

Sentenza n. 12205/15 

La lesione del diritto ad esprimere il c.d.consenso informato da parte del medico si verifica per il solo fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente (in ipotesi anche senza un’ingerenza fisica, potendo trattarsi di atti medici che si risolvano in una intromissione nella sfera psico-fisica del paziente ed assumano quindi efficienza su di essa senza alcuna materialità, cioè anche soltanto tramite attività persuasiva costituente atto medico, come nel caso dell’intervento eseguito da un medico psichiatra) di atti medici senza avere acquisito il suo consenso. Risulta evidente che la circostanza che l’intervento medico non preceduto da acquisizione di consenso sia stato, in ipotesi, risolutivo della patologia che il paziente presenta non è idonea di per sé ad eliminare i danni conseguenza così individuati. Ciò è di tutta evidenza nel caso delle perdite di cui s’è appena detto. E’ infatti palese che il beneficio tratto dall’esecuzione dell’intervento in queste ipotesi non “compensa” la perdita della possibilità di eseguirne uno meno demolitorio e nemmeno uno che, se eseguito da altri, avrebbe provocato meno sofferenza. La verificazione del beneficio derivante dalla sua esecuzione in ogni caso non potrebbe in alcun modo compensare almeno la “perdita” della possibilità di scegliere di non sottoporsi all’intervento. Possibilità che è preservata dal diritto al consenso informato. nel caso di specie, fermo che si è al di fuori del carattere di urgenza dell’intervento, che rendesse impossibile acquisirne il consenso, è stata negata alla ricorrente:aa) innanzitutto la possibilità di autodeterminarsi e, quindi, di decidere se sottoporsi all’intervento estensivo con le sue conseguenze sulla sua funzionalità fisica oppure, posta nella prospettiva di subire la progressione del tumore negli organi che poi le sono stati asportati e le conseguenze di essa, di subirle;bb) in secondo luogo la possibilità di compiere tale scelta in modo meditato;cc) in terzo luogo di compierla sentendo altre strutture mediche;dd) in quarto luogo di eventualmente “abituarsi”, proprio in dipendenza dei risultati acquisiti nello spazio temporale dello spatium deliberandi che le è stato negato, all’idea di dover subire gli interventi demolitori poi eseguiti e, quindi, di acconsentirli. La sentenza impugnata è, conseguentemente cassata sia nella parte in cui ha ritenuto che un consenso fosse stato prestato, sia nella parte in cui, pur per il caso che consenso non vi fosse stato, ha escluso che si configurasse un illecito da violazione del diritto al consenso informato della S.D per il fatto che l’intervento eseguito sulla sua persona si fosse rivelato utile

 

Sentenza 21537/15

Ai fini dell’apprezzamento della colpa del sanitario nel caso di mancanza del consenso informato la Corte di legittimità già si è espressa, in materia di responsabilità medica, chiarendo che la mancanza o l’invalidità del consenso non ha alcuna rilevanza penale. Si tratta in particolare di apprezzare gli effetti penali che dall’eventuale mancato o invalido consenso possono derivare per il medico in caso di esito infausto o comunque dannoso del proprio intervento. La Corte rileva che la valutazione del comportamento del medico, sotto il profilo penale, quando si sia in ipotesi sostanziato in una condotta vuoi omissiva, vuoi commissiva dannosa per il paziente, non ammette un diverso apprezzamento a seconda che l’attività sia stata prestata con o in assenza di consenso. Cosicché, per intenderci, il giudizio sulla sussistenza della colpa non presenta differenze di sorta a seconda che vi sia stato o no il consenso informato del paziente. Con la importante precisazione che non è di regola possibile fondare la colpa sulla mancanza di consenso, perché l’obbligo di acquisire il consenso informato non integra una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza: infatti, l’acquisizione del consenso non è preordinata in linea generale ad evitare fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), ma a tutelare il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica in attuazione di una norma costituzionale (art. 32, comma 2). La Corte afferma però che solo in un unico caso la mancata acquisizione del consenso potrebbe avere rilevanza come elemento della colpa: allorquando, la mancata sollecitazione di un consenso informato abbia finito con il determinare, mediatamente, l’impossibilità per il medico di conoscere le reali condizioni del paziente e di acquisire un’anamnesi completa. In questa evenienza, il mancato consenso rileva non direttamente, ma come riflesso del superficiale approccio del medico all’acquisizione delle informazioni necessarie per il corretto approccio terapeutico. Ebbene, è proprio questa la situazione verificatasi nel caso di specie, che giustifica la valorizzazione del tema del consenso rectius della mancanza del consenso come ulteriore profilo di colpa. La mancanza del consenso in tutta evidenza ha impedito non solo e non tanto alla paziente di accedere all’intervento, ma soprattutto qui decisivamente ha fatto sì che il medico si sentisse legittimato a prescegliere una metodica alternativa di intervento che chiaramente gli ha impedito di apprezzare le problematiche ossee della paziente, con effetti di rilievo decisivo ai fini dell’occorso

sentenza nr. 19731/14

La Corte di Cassazione ha rilevato che il fondamento del consenso informato,come richiamato nei punti 4.1, 4.2 e 4.3 delle sezioni unite civili 11 novembre 2008 n. 26973, viene ad essere configurato come elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario. In questi gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che l’inadempimento del debitore della prestazione di garanzia è idonea a ledere diritti inviolabili della persona cagionando anche pregiudizi non patrimoniali. Pertanto la ed informazione esatta sulle condizioni e sui rischi prevedibili di un intervento chirurgico o su un trattamento sanitario per accertamenti in prevenzione o in preparazione, se costituisce di per sé un obbligo o dovere che attiene alla buona fede nella formazione del contratto ed è elemento indispensabile per la validità del consenso che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, è inoltre un elemento costitutivo della protezione del paziente con rilievo costituzionale, per gli artt. 2, 3, 13 e 32 della COST. assieme ad altre norme di diritto positivo, che nel corso del tempo abbiano da aumentare le garanzie a favore dei consumatori del bene della salute.

sentenza n. 19731 del 19 Settembre 2014

La correttezza e completezza dell’informazione è infatti un requisito indispensabile per la validità del consenso informato.

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