Nella medicina d’urgenza, il triage, è il passo iniziale che può determinare il successo o meno delle cure a cui il paziente sarà sottoposto. Un triage sbagliato, molte volte, può essere determinante per la sopravvivenza del paziente.

La codifica per colore del triage ha degli obiettivi ben codificati:

Assicurare l’immediata assistenza al malato che giunge in emergenza.

Un tempo questo veniva effettuato dal personale paramedico che scaricava il paziente dall’ambulanza e decideva immediatamente se questi poteva aspettare o se doveva essere portato in sala urgenze. Attualmente questa assistenza è svolta in ambito di triage, dove l’infermiere, oltre ad essere addestrato, ha un minimo di strumentazione, che consiste fondamentalmente in un saturimetro, un elettrocardiografo e ovviamente uno sfigmomanometro per rilevare la pressione.

Identificare l’emergenza, quindi la necessità di accesso immediato alle cure urgenti, può sembrare una cosa da poco, ma è una delle cose più difficili.

 

Indirizzare alla visita medica i pazienti secondo un codice di priorità.

 

Identificare le priorità e l’area più appropriata di trattamento.

Soprattutto in un DEA  polispecialistico bisogna indirizzare il paziente allo specialista da cui dev’essere visto. Mandare dal chirurgo un paziente con un dolore addominale e poi scoprire che in realtà il suo problema è ortopedico o, viceversa, attribuire all’ortopedico un paziente con un dolore lombare per poi scoprire che è un paziente a rischio perché sapeva di avere un aneurisma dell’aorta addominale può far perdere tempo e possibilità di cura.

 

Smistare i pazienti non urgenti.

L’obiettivo è raggiunto assegnando loro aree di attesa che possono essere diverse. Alcuni pazienti, pur non essendo urgenti, possono aver bisogno, per esempio, di accesso venoso e idratazione. A questi pazienti andrebbe assegnata una sala in cui possono svolgere fluidoterapia in attesa della visita del medico a loro assegnato.

 

Ridurre i tempi di attesa per la visita medica

 

– Ridurre lo stato d’ansia.

 

Migliorare la qualità delle prestazioni professionali del personale del Pronto Soccorso.

È ovviamente molto più semplice per un medico applicarsi alle emergenze e ai pazienti impegnativi se conosce effettivamente l’indice di gravità di quel paziente. L’idea di avere davanti una sala d’attesa di 60 o più persone che aspettano di essere viste e non sapere quale fra loro sta per avere qualcosa di brutto è semplicemente angosciante, porta ad accelerare la visita anche quando non è necessario.

 

Valutare periodicamente le condizioni del paziente in attesa.

Tra le metodiche abbiamo la rivalutazione periodica delle condizioni del paziente in attesa. L’assegnazione del codice comporta automaticamente anche una programmazione delle revisitazioni del paziente in attesa, evitando di valutarlo solo all’inizio per poi lasciarlo a se stesso.

Un esempio potrebbe essere un mal di pancia modesto che poi si rivela essere un infarto, o un dolore al fianco dopo un trauma che porta ad uno shock ipovolemico per una rottura della milza.

 

Fornire informazioni sanitarie ai pazienti e ai loro familiari.

 

 

I CODICI COLORE

 

La SIMEU (Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Urgenza) fornisce queste definizioni.

 

–      Rosso: soggetto in imminente pericolo di vita, per il quale l’accesso alle prestazioni dev’essere immediato.

Il paziente in codice rosso va immediatamente in una sala che solitamente è delimitata per le urgenze, dove c’è tutto quanto occorre per defibrillare, intubare, quindi fondamentalmente per l’A.L.S..

–      Giallo: paziente in potenziale pericolo di vita, per il quale l’attesa è legata semplicemente al numero di codici rossi che ha davanti a sé.

–      Verde: paziente che necessita di prestazioni mediche attualmente differibili.

Di fatto, spesso si aggiunge l’espressione “attualmente differibile”, a indicare che il codice verde è tale per il momento, ma magari ad una successiva valutazione non lo sarà più.

–      Bianco: paziente che non necessita di prestazioni di urgenza e che potrebbe usufruire di assistenza extra-ospedaliera.

È il codice che dovrebbe pagare il ticket in Pronto Soccorso, e per il quale in alcune Regioni si stanno cercando di creare degli ambulatori di Medicina Generale, addirittura all’interno dello stesso Pronto Soccorso.

–      Nero: paziente che giunge in PS già deceduto o non rianimabile.

 

 

Esistono poi dei codici particolari:

–     Arancione: pazienti contaminati, emergenza NBCR (nucleare – biologica – chimica – radiologica).

Pazienti contaminati sono stati, nell’ambito delle ultime grandi emergenze vissute, soprattutto pazienti da contaminazione nucleare (basti pensare a quanto è successo in Giappone), ma si parla anche di possibile inquinamento biologico, chimico o di tipo radiologico. La contaminazione chimica è stata vissuta raramente, in Inghilterra si è verificato qualche caso nel 2009, quando la nicotina era stata reintrodotta come insetticida.

–     Rosa: ostetricia – violenza carnale.

Solitamente negli ospedali le pazienti che arrivano devono andare direttamente in ginecologia perché, per esempio, si sono rotte le acque. Esiste un’altra codifica rosa, applicata attualmente in Toscana, che identifica le potenziali vittime di violenza carnale, quindi pazienti che devono sì passare dal ginecologo, ma contemporaneamente ci dev’essere un’attivazione dello psicologo reperibile, un’attivazione di procedure particolari (ad es. ricerca dello sperma con lampada agli ultravioletti) e una particolare codifica legale che riguarda l’aggressione, quindi la denuncia obbligatoria.

 

GLI ANZIANI

Di fatto esiste un problema attualmente in tutti i Pronti Soccorsi che non riguarda soltanto l’Italia, la quale si contende con il Giappone la palma del Paese a più rapido invecchiamento, ma tutti i Paesi occidentali, i cui PS tendono ad essere occupati sempre più da anziani, che sono pazienti particolari.

C’è un consenso generale secondo cui l’attuale modello di medicina di emergenza è basato sulla malattia e sull’episodio, non sul paziente cronico e sulle sue eventuali riacutizzazioni. Una parte dei nostri PS viene occupata dai cosiddetti “frequent users”, quelli che gli infermieri conoscono benissimo perché vengono una volta ogni due settimane e vengono ricoverati dal medico possibilmente nello stesso reparto della volta precedente. Questi sono pazienti con patologie croniche riacutizzate o semplicemente croniche, i quali, magari perché in quei giorni è venuta meno l’assistenza domiciliare o perché hanno avuto una piccola complicanza alla loro patologia di base, si presentano in PS. Questa, che può essere considerata da noi medici una banalità, è un’evenienza sempre più frequente nei PS sia per il numero di tali pazienti che per l’assenza di un percorso ben definito in cui farli rientrare.

Quindi, lo scopo del Dipartimento Emergenze è fornire un intervento acuto e tempestivo per tutti i pazienti che hanno problemi emergenti-urgenti.

 

 

Il TRST (Triage Risk Screening Tool) è uno degli strumenti di triage che ci sono per gli anziani.

(1) Il primo punteggio dipende dalla presenza di un deficit cognitivo, indipendentemente dal fatto che si tratti di un vero deficit cognitivo, cioè una demenza, oppure di uno stato di confusione mentale, e questo già identifica un problema sia di gravità, in quanto la confusione mentale può benissimo comparire come sintomatologia di infarto del miocardio, come è evidente dalle statistiche autoptiche portate dall’OMS, in base alle quali la metà degli infarti dell’anziano non è riconosciuta né trattata perché, risalendo alle cartelle di PS, si presentavano con una confusione mentale ed erano quindi accantonati.

Per gli altri punteggi, contano:

(2) vivere soli o non avere dei caregiver, qualcuno che si possa prendere cura dell’anziano nel momento in cui torna a casa;

(3) difficoltà a camminare o a trasferirsi dal letto alla poltrona o una storia di cadute recenti;

(4) non ricordare addirittura quante volte si è già stati in PS, oppure essere già stati in PS nell’ultimo mese o in ospedale negli ultimi 3 mesi, in modo da identificare i frequent users;

(5) assumere 5 o più farmaci diversi, quindi la polifarmacologia, la cui presenza non è un caso, poiché il rischio di reazione avversa da farmaco è linearmente proporzionale al numero di farmaci presi, indipendentemente anche dalla stessa età;

(6) sospetto maltrattamento, pazienti che negli ultimi non sono stati in grado di prendere correttamente farmaci, impairment delle attività del vivere quotidiano, come mangiare da soli, camminare, andare in bagno, vestirsi, quelle attività senza le quali non si può stare a casa da soli.

Questo è un punteggio in base al quale si può stabilire se il paziente ha bisogno di un percorso particolare che preveda una gestione multidisciplinare, inclusa poi l’assistenza sociale per la dimissione.

L’altro indice, insieme al TRST tra i due più conosciuti in tutto il mondo, inclusa l’Italia, è l’ISAR (Identification of Seniors At Risk). Anche qui grosso modo le domande sono le stesse, alcune  dirette in generale (“Pensa di stare bene?”). Alcune di queste domande presuppongono la capacità del paziente di collaborare, quindi escludono automaticamente tutti gli anziani in stato confusionale o con deficit di memoria, il che significa circa la metà dei pazienti che arrivano in PS.

 

 

 

 

 

 

IL CODICE ARGENTO

 

Per questo motivo in Italia è stato validato, sviluppato e identificato il Codice Argento, che è un codice di triage testato prima in un paio di regioni (Toscana e Lazio) poi in diversi ospedali in tutta Italia e attualmente sperimentato dalla Comunità Europea, in un circolo di centri geriatrici di rilevanza nazionale che in maniera univoca sperimentano vari strumenti.

Il Codice Argento è necessariamente facile, come devono esserlo tutte le procedure di triage, e permette di ottenere un punteggio valutando:

(1)  classe di età;

(2)   sesso;

(3)   stato civile (è notorio che i coniugati hanno minori problemi non solo per l’ammissione ma anche per la gravità di malattia);

(4)   ammissione in Day Hospital;

(5)   precedenti ospedalizzazioni o diagnosi importanti, particolarmente quella di tumore maligno;

(6)   numero di farmaci assunti.

 

 

 

 

 

 

 

 

È stato dimostrato che un punteggio da 11 in su, con questa semplice scala, è in grado di predire una differenza di mortalità a  più di un anno (400 giorni) a seconda che i pazienti siano stati ricoverati in un reparto di geriatria piuttosto che in un reparto di medicina interna, e questo risultato ovviamente non rispecchia la bravura medica in senso stretto, perché i geriatri non hanno medicine o capacità diagnostiche superiori rispetto agli internisti, ma l’adozione in geriatria di un approccio multidisciplinare, che include anche, per esempio, la previsione di dimissione, quindi una dimissione protetta.

 

Per Toscana e Lazio è stato effettuato uno studio che ha compreso circa 178000 ricoveri di Pronto Soccorso, in reparti di Medicina Interna o Geriatria, e si è visto che in entrambe queste regioni esiste una differenza nell’attesa di sopravvivenza in base al reparto di assegnazione. Ciò significa che l’assegnazione a un reparto che presenti queste caratteristiche, che non riguardano semplicemente la gestione medica, ma la gestione completa, che comprende anche la previsione di dimissione in ambiente protetto, si è mostrata in grado di modificare l’attesa di sopravvivenza a distanza di un anno.

Assegniamo quindi un codice di triage, ricordando sempre di assegnare l’area di trattamento più adatta, e, come non dovremmo mandare dal chirurgo un paziente che è ortopedico, allo stesso modo in quest’ambito l’obiettivo sarebbe di non mandare in medicina un paziente che dovrebbe essere assistito in ambiente geriatrico multidisciplinare e viceversa. Ovviamente la gestione multidisciplinare è la più complicata, in quanto, non essendo sostenibile mandare tutti gli anziani in ambiente geriatrico, i team possono destinare il loro tempo solo ai pazienti che effettivamente ne possono trarre indicazione e beneficio, motivo per cui esiste il punteggio da 11+.

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