premessa: il presente articolo non vuole esaurire tutti gli effetti collaterali dei bifosfonati ma focalizzarsi sull’osteonecrosi della mandibola.
Indice dei Contenuti
Bifosfanati – Indicazioni
- mieloma multiplo
- ipercalcemia neoplastica (k mammella, prostata, pancreas, polmone, osteosarcomi)
- malattia di Paget
Bifosfanati – Meccanismo d’azione
i bifosfonati legati saldamente ai cristalli ossei vengono rilasciati nello spazio extracellulare durante la fase di riassorbimento osseo ed inglobati per endocitosi all’interno degli osteoclasti; a questo livello inibiscono l’enzima chiave nella produzione di mevalonato e inducono apoptosi.
NB i bifosfonati Inibiscono il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti ma non la deposizione.
I bifosfonati si legano di preferenza alla superficie ossea nei siti di rimodellamento attivo.
Effetti positivi
- diminuiscono il dolore osseo
- diminuzione fratture patologiche
- diminuzione compressioni vascolo nervose
- diminuzione ipercalcemia
Effetti collaterali• Tossicità a carico del tratto gastrointestinale: diarrea, nausea e dolori addominali
• Tossicità renale: insufficienza renale, sindrome nefrotica, alterazioni elettrolitiche
• artralgia e dolori diffusi
• uveite
• osteonecrosi della mandibola (incidenza dallo 0,8 al 12%): Per tale motivo ai pz sottoposti a terapia antiblastica e ad assunzione di corticosteroidi, si consiglia di effettuare una visita odontoiatrica prima di assumere tali farmaci, in modo da poter eventualmente procedere ad una bonifica preventiva di ogni patologia presente. L’interruzione del trattamento nei pz chirurgici, non riduce il rischio di osteonecrosi.
Mai iniziare la terapia con ferite del cavo orale aperte => il 60% dell’osteonecrosi mandibolare si ha in pz che durante la terapia vengono sottoposti ad interventi di estrazione dentaria.
Fattori di rischio per l’osteonecrosi mandibolare durante assunzione bifosfonati
- Chirurgia dentoalveolare: estrazioni, interventi di implantologia, chirurgia periapicale
I pz trattati con bifosfonati IV se sottoposti a chirurgia dentoalvelare presentano un rischio di almeno 7 volte superiore di sviluppare osteonecrosi.
NB gli interventi in questa sede aumentano il turn over osseo che in sede mascellare è già più accelerato rispetto alle altre sedi; l’accumulo eccessivo del farmaco in questa sede comporta la creazione di aree ricche di matrice ma ipo/a vascolarizzate. - Anatomia locale: tori mandibolari, linea miloioidea, tori palatini
- Concomitanza di patologie orali: ascessi dentali e parodontali; I pz trattati con bifosfonati con anamnesi positiva per lesioni orali presentano un rischio 7 volte superiore di sviluppare osteonecrosi.
L’ottimizzazione della tollerabilità dei bifosfonati sembra dipendere in gran parte dalla riduzione della frequenza di somministrazione più che dalla via di somministrazione e quindi anche dalla aderenza del pz alla terapia.
L’osteonecrosi della mandibola (ONJ, Osteonecrosis of the Jaw)
Definizione
è un’area di osso esposto nella mascella o nella mandibola che persiste per più di 6 settimane, associato o meno a dolore ed edema dei tessuti molli; osso necrotico non guarito (per più di un mese) di solito (ma non necessariamente) dopo un intervento dentistico.

Eziologia
si manifesta in pz trattati con bifosfonati (più aggressiva la forma legata alla somministrazione ev rispetto a quella orale) in conseguenza di manovre traumatiche a carico dell’osso (es. estrazioni dentarie) sebbene siano stati osservati e documentati casi di insorgenza spontanea (40%) soprattutto in corrispondenza di tori palatini e mandibolari.
Segni e sintomi
- Prima fase asintomatica anche per settimane
- Seconda fase sintomatica: soprattutto dopo sovrainfezione o in presenza di un trauma dei tessuti molli (es estrazione dentaria). Segni caratteristici sono: dolore, edema e infezione dei tessuti molli, caduta di denti, fistolizzazione e osso esposto. Si aggiungono: alitosi, febbre, difficoltà alla deglutizione e alla masticazione, disestesia del nervo alveolare inferiore.
Diagnosi
- esame obiettivo orale: permette di apprezzare l’esposizione di tessuto osseo non vitale di colorito bianco-giallastro circondato da mucosa infiammata ed edematosa nel cavo orale che può essere preannunciata dalla sensazione imprecisa di dolore o di disagio nella zona coinvolta
- esami di laboratorio:
Makers di attività osteoblastica: fosfatasi alcalina
Markers di attività osteoclastica (indicano il riassorbimento osseo): C-telopeptide del collagene tipo I CTX (prodotto di degradazione del collagene ad opera degli osteoclasti) sierico e prelevato dalle urine - esame radiografico panoramico:
Elementi di diagnosi radiografica precoce: reperto di un alveolo che in seguito ad estrazione dentale non si riempie di osso nei tempi previsti e di un’evidente lamina dura residua.
Elementi radiografici di malattia avanzata: caratteristico aspetto radiografico discontinuo dato dall’alternanza di zone radiopache e zone radiotrasparenti - TC (ottima sulla stadiazione)
Focus on: test del telopeptide C-terminale del collagene tipo I (CTX) prelevato dal siero.
Tale test misura la soppressione del turnover osseo saggiando un frammento del collagene tipo I (principale componente della matrice ossea organica) costituito da otto aminoacidi che viene tagliato dalla collagenasi osteoclastica nella fase di riassorbimento osseo. Esso pertanto rappresenta un indice di funzione osteoclastica e del rimodellamento osseo. I valori normali sono superiori a 350 pg/mL. Quantità inferiori a 100 pg/mL sono indicative di rischio elevato, quantità comprese tra 100 e 150 pg/mL sono indicative di rischio moderato, quantità superiori a 150 pg/mL sono indicative di assenza di rischio o di basso rischio. Il test CTX ha esclusiva validità per i pazienti non oncologici e per quelli oncologici privi di metastasi ossee e non risulta attendibile se praticato su pz affetti da malattia reumatica sottoposti a terapie con metatrexato, prednisone o raloxifene. Il restante 50% dei casi necessita di rimozione del tessuto necrotico.
Terapia
L’atteggiamento oggi comunemente accettato è orientato a mantenere un approccio conservativo. Si consiglia l’utilizzo della terapia medica tenendo conto principalmente dello stato sintomatico: in presenza di secrezioni purulente, dolore, gonfiore o parestesie, si effettueranno cicli di terapia antibiotica (amoxicillina) ed antidolorifica. Si è rivelata particolarmente utile la terapia locoregionale con soluzione di clorexidina e/o metronidazolo.
Curettage condotto in maniera aggressiva o la stessa resezione delle parti necrotiche sono controproducenti in quanto possono determinare recidive e progressione della necrosi.
Prevenzione e profilassi
• Nel caso di terapie con bifosfonati somministrati per via orale, qualora le condizioni di salute generale lo consentissero ed il paziente necessitasse di interventi chirurgici dentoalveolari, si potrebbe ipotizzare la sospensione del farmaco da tre mesi prima a tre mesi dopo il trattamento odontoiatrico allo scopo di ridurre il rischio di osteonecrosi.
• Se le condizioni generali di salute del pz lo consentono, l’inizio della terapia farmacologica andrebbe rimandato fino a quando lo stato di salute orale (di tutti gli elementi dentari presenti, dei tessuti parodontali e dei tessuti molli) non raggiunga risultati ottimali. I denti non salvabili e quelli con prognosi incerta andrebbero estratti. Nel caso di estrazioni dentarie, è preferibile attendere la riepitelizzazione del sito estrattivo (14-21 giorni) o il raggiungimento di un’ adeguata guarigione ossea prima di cominciare la terapia farmacologica.
• nei pz in terapia con bifosfonati in assenza di sintomi: il mantenimento di un’adeguato regime di igiene orale e le cure odontoiatriche non invasive rappresentano il miglior compromesso per la prevenzione di patologie orali e parodontali