A cura della Dottoressa Guarini Aurelia
Laureata con Lode in medicina e chirurgia presso l’università degli studi G. d’Annunzio di Chieti-Pescara.
Le leucemie sono neoplasie monoclonali di cellule staminali del midollo osseo. Rappresentano i tumori più frequenti nei bambini (33%), seguite dai tumori del sistema nervoso centrale (SNC) (22%), dai linfomi (12%), dal neuroblastoma (7%), dai sarcomi dei tessuti molli (7%) e dai tumori ossei (6,4%).
Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.
Le Leucemie possono derivare da linee:
- linfoidi (acute/croniche): trasformazione neoplastica di un progenitore dei linfociti T/B
- mieloidi (acute/croniche): vengono classificate in base alla linea di differenziazione : granulo-monocitaria, piastrinica ed eritrocitaria
- leucemie ibride
Indice dei Contenuti
Epidemiologia
La leucemia linfocitica acuta (ALL, Acute Lymphoblastic Leukemia) comprende circa il 77% dei casi di leucemia pediatrica, la leucemia mieloide acuta (AML , Acute Myelogenous Leukemia) l’11% , la leucemia mieloide cronica (CML , Chronic Myelogenous Leukemia ) il 2-3% e la leucemia mieloide cronica giovanile (JCML , Juvenile Chronic Myelogenous Leukemia ) l’1-2%.
La ALL è la leucemia più diffusa in età pediatrica , ma anche quella col miglior outcome; infatti la remissione post induzione avviene nel 95% dei casi. La ALL è stata inoltre, la prima neoplasia disseminata che ha dimostrato di essere curabile ed ha pertanto dimostrato di essere un ottimo modello per i principi di diagnosi, prognosi e trattamento in oncologia.
Eziologia
è idiopatica, è stato tuttavia dimostrato come l’esposizione a radiazioni per esami diagnostici sia in utero sia durante l’infanzia è stata associata a un aumento dell’incidenza della ALL.
Come è già noto, e’ stata dimostrata una stretta associazione tra l’ALL a cellule B e l’infezione virale di EPSTEIN BARR.
Anatomia patologica
L’ALL ha una classificazione fatta sulla base della morfologia delle cellule maligne ritrovate nel midollo osseo e anche sulla base dei marker di membrana, le caratteristiche citogenetiche e genetico-molecolari.
Secondo la classificazione FAB (French-American-British) una leucemia a cellule B mature puo’ essere suddivisa in 3 sottotipi : L1,L2 e L3. L’ultimo tipo è anche noto come leucemia di Burkitt.
Dal punto di vista citogenetico, è stato dimostrato che l’85% dei casi di ALL deriva dai progenitori delle cellule B e il restante 15% da cellule T.
Le anomalie cromosomiche ritrovate nella maggior parte delle ALL sono traslocazioni o delezioni. Specifiche mutazioni cromosomiche, come la t(9;22) che esprime la proteina di fusione BCR/ABL suggerisce tuttavia la necessità di un approfondimento genetico-molecolare per instaurare un protocollo di trattamento più efficace, in quanto la mortalità legata a questa leucemia è ancora elevata.
Segni e sintomi
La presentazione clinica della ALL è aspecifica e differente nei diversi pazienti.
Sono quasi sempre presenti: astenia, irritabilità, anoressia e una febbricola di ndd e quindi intermittente.
Si puo’ avere dolore osseo, ma questo soprattutto nelle fasi avanzate di invasione midollare da parte della cellula neoplastica che si espande a discapito delle altre cellule ematopoietiche. Il dolore osseo è solitamente intenso e puo’ svegliare il piccolo paziente durante la notte.
Seguono:
- linfoadenomegalia marcata (4-5 cm di diametro): può portare a sindrome mediastinica
- epato-splenomegalia (rara complicanza: rottura milza)
- interessamento SNC: spesso asintomatica, a volte determina sintomi da ipertensione endocranica; diagnosticata con rachicentesi
- ematuria per interessamento renale
- disturbi a carico di cuore e pareti dei vasi
- osteoporosi per allargamento degli spazi midollari e progressivo assottigliamento delle trabecole ossee
- a livello polmonare la leucostasi causa trombosi (embolia polmonare)
- artromialgie ed artrite
Diagnosi
All’esame obiettivo i reperti di pallore, svogliatezza e lesioni cutanee del tipo porpora o petecchie o emorragie cutanee possono essere segni di una insufficienza midollare.
Gli esami di laboratorio possono dimostrare l’anemia che si instaura nel paziente e in particolar modo la trombocitopenia.
Nella leucemia a cellule pre-B immature (CD10+), che rappresenta l’immunifenotipo piu’ frequente in età pediatrica, gli esami di laboratorio mostrano frequentemente una leucocitosi (conta leucocitaria media di 33.000) nonostante un’altra percentuale di pazienti mostri una conta <20.000. La trombocitopenia è quasi sempre presente e in un 75% di pazienti si noterà anche una epatosplenomegalia.
Gli esami di laboratorio rappresentano il primo approccio, ma ovviamente il passo successivo allo striscio di sangue, dev’essere l’analisi del midollo osseo. Alle volte è necessario solo l’aspirato midollare, mentre quando il materiale è insufficiente, si puo’ ricorrere alla biopsia.
La diagnosi di leucemia si pone nel momento in cui il midollo presenza una invasione da parte di una popolazione omogenea di linfociti >25%. La stadiazione della ALL si basa anche sull’analisi del liquor, per appurare anche un’invasione del SNC.
La ricerca anomalie genetiche si effettua con FISH e PCR.
Diagnosi differenziale (DD)
La ALL, presentandosi in maniera aspecifica, entra in DD con altre patologie.
Un’ alterazione di una singola linea cellulare, come nella anemia eritroblastica transitoria, nella trombocitopenia autoimmune e nella neutropenia congenita o acquisita sono difficilmente distinguibili dalla ALL, fino a che non si arriva all’analisi del midollo, che rappresenta il gold standard per la diagnosi di leucemia.
Altre DD possono essere poste con la mononucleosi (anche se qui il fattore distintivo è rappresentato dalla presenza di trombocitosi, che non è presente nella leucemia), l’artrite reumatoide (per la presenza di dolore articolare e tumefazione, in quanto possono essere presenti anche nella ALL).
Terapia
Il trattamento cambia a seconda della categoria di rischio calcolata per ogni singolo tipo di leucemia.
I fattori predittivi principali sono:
- età del paziente alla diagnosi(1-10 anni);
- numero di leucociti all’esordio;
- velocità di risposta al trattamento.
Per quanto riguarda il punto b. , è stato dimostrato che pazienti con conta leucocitaria alla diagnosi <50.000 hanno un rischio medio di ricaduta dopo terapia di induzione, mentre pazienti con una conta leucocitaria >50.000 alla diagnosi, rientrano nella classe ad alto rischio.
Cosa si intende per terapia di induzione? Essa rappresenta la terapia inizia di induzione alla remissione. Solitamente questa fase dura 4 settimane, e lo scopo principale è per l’appunto la remissione, ovvero la presenza di un valore <5% di blasti nel midollo.
I protocolli adottati sono numerosi. Molti centri specializzati nel trattamento della ALL utilizzano come protocollo di riferimento, quello del St. Jude’s Children Hospital, che prevede un trattamento con vincristina, corticosteroidi, citarabina.
Dopo che la remissione è stata indotta, vi è la cosiddetta fase del consolidamento, attuando regimi di mantenimento e utilizzando protocolli di polichemioterapia a seconda del gruppo di rischio in cui si trova il paziente. I farmaci piu’ attivi nei confronti della ALL sono rappresentati da mercaptopurina, metotrexato, vincristina e corticosteroidi.
Molti bambini necessitano di terapie di supporto quali la somministrazione empirica di antibiotici, a causa della mielosoppressione provocata dalla chemoterapia.
Prognosi
La maggior parte dei bambini con ALL ha una remissione nell’80% dei casi, a seconda delle classi di rischio. È stato dimostrato che il miglior outcome in termini di recidiva e risposta al trattamento, si ha nei bimbi di età compresa tra 1 e 10 anni e con conta leucocitaria alla diagnosi <50.000.
Una volta effettuata la terapia di induzione e il consolidamento, si valuta la minima malattia residua (MRD) per quantificare e qualificare le cellule presenti nel midollo. La MRD è valutata con specifiche tecniche di genetica molecolare, utilizzando delle sonde con marcatori specifici.
Concetto della malattia residua minima: ha cambiato la prognosi dei bambini affetti, migliorandola.
Grazie alla caratterizzazione molecolare possiamo monitorizzare appunto le molecole (citochine soprattutto) che possono mostrare la presenza ancora di cellule maligne residue, anche se l’emocromo risulta normale.
Oggi quindi si può essere più aggressivi in questo modo!
Nuove prospettive terapeutiche
La farmacogenomica nasce come nuova strategia terpateutica nella cura non solo delle leucemie ma anche dei tumori solidi sia nei bimbi che negli adulti.
E’ importante sottolineare quanto l’overall survival, le recidive e la mortalità nelle leucemie infantili dipendano non tanto dalla malattia stessa quanto dagli effetti collaterali della terapia. La farmacogenomica è responsabile della terapia target, ovvero la “tailored therapy”, terapia cucita su misura.
Tra i nuovi farmaci, ricordiamo l’imatinib mesilato, utilizzato nel trattamento delle AML. L’acido retinoico invece è utilizzato nel trattamento della leucemia promielocitica acuta, in quanto sembrerebbe essere in grado di interferire nell’attività del gene chimerico PML/RAR nato dalla traslocazione cromosomica t(15;17).
Desatinib è un inibitore di c-kit ancora più potente dell’imatinib; un ulteriore vantaggio è fornito dal fatto che desatinib inibisce la mutazione D816V, frequente nella AML in età pediatrica.
Un altro inibitore di c-kit e FLT3 è PKC412. Questo farmaco è molto importante poiché le mutazioni di c-kit e flt3 ricorrono nel 30% dei pazienti pediatrici con AML.
Sunitinib, inibitore delle tirosin chinasi, ha mostrato buoni risultati nelle AML con flt3+, ma il suo uso è limitato al trattamento del carcinoma renale metastatico.
Gli inibitori della farnesiltransferasi (FTI), sono una nuova classe di farmaci che inibisce la farnesilazione di diverse proteine come ras e rhoB. Tipifarnib, uno dei primi FTI, ha mostrato in fase II di sperimentazione, una promettente attività in pazienti con AML di nuova diagnosi e non trattati con altri chemioterapici, ma non ci sono dati disponibili sugli effetti che tipifarnib ha sui pazienti pediatrici.
Un farmaco specifico nella cura della ALL è il Gemtuzumab Ozogamicin, un anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD33, ritirato dal commercio poiché è stato dimostrato che non ha un’efficacia superiore rispetto alla chemioterapia con farmaci convenzionali. Nonostante cio’, il St.Jude’s children hospital ha cercato di dimostrare, in uno studio pubblicato nel 2012, di come l’efficacia del Gemtuzumab aumenti se lo si abbina, nella fase di induzione della remissione, ad altri chemioterapici ma a piu’ basse dosi rispetto a quelle convenzionali.