Ivabradina – Definizione
Farmaco utilizzato in cardiologia per il trattamento dell’angina e nel post-infarto. Derivato del Verapamil (calcio antagonista).
Ivabradina – Meccanismo d’azione
Inibitore selettivo della frequenza cardiaca (cronotropo negativo), agisce deprimendo la corrente pacemaker If (“funny”) del miocardio differenziato a livello del nodo seno atriale. Questa attività è responsabile della depolarizzazione diastolica del nodo del seno per il controllo della frequenza cardiaca.
La corrente funny è caratterizzata da una corrente entrante di Na che depolarizza la cellula miocardica. Inizia quando il potenziale d’azione è pari a -70mV e termina a -20mV (quindi non è responsabile della depolarizzazione finale che al contrario è a carico della corrente di Calcio T ed L). Rallentando la velocità di depolarizzazione della cellula miocardica viene rallentata anche la frequenza cardiaca.
Perché rallentare la frequenza cardiaca?
Tra i principali determinanti del consumo miocardiaco di O2 abbiamo:
- contrattilità
- tensione di parete (o post carico)
- frequenza cardiaca
La frequenza cardiaca agisce anche con un secondo meccanismo ovvero, riduce la diastole con conseguente riduzione della perfusione coronarica.
Ivabradina – Indicazioni
-Angina: indicato nei pazienti con angina cronica stabile in cui l’utilizzo dei betabloccanti è controindicato (es: pazienti asmatici). Questa patologia è legata ad un meccanismo ischemico transitorio che si manifesta clinicamente con dolore oppressivo e profondo al centro del petto. Dura massimo 20 minuti e regredisce dopo somminstrazione di nitro derivati sublinguali o dopo riposo. Dosaggio di 7,5 mg x2/die
-Scompenso cardiaco: l’efficacia di questo farmaco è stata valutata nello studio BEAUTIFUL (criteri: pazienti con patologia coronarica, frazione d’eiezione<40%, ritmo sinusale >60bpm) dove, più che limitare l’evoluzione dello scompenso e l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, si è rivelata efficace nei pazienti che presentavano una frequenza a riposo >70bpm e ad alto rischio per eventi infartuali (riduzione dell’ospedalizzazione per infarto miocardico ->73% e dell’indicazione alla rivascolarizzazione coronarica ->59%).